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Web: giusto o sbagliato?

Nell’adolescenza ogni individuo attraversa molteplici cambiamenti che giocano un ruolo fondamentale nello sviluppo psicologico e che aumentano via via di complessità in relazione alla maturazione corporea e alle occasioni che la cultura di riferimento offre. Questa è l’età in cui possono aumentare le competenze cognitive, le capacità fisiche, le conoscenze teorico-pratiche; inoltre, si modificano le relazioni con gli adulti e con i pari, compaiono i caratteri di genere e si ridefinisce l'immagine di sé per ciascun ragazzo.


Tra le componenti che in questo processo giocano una parte fondamentale dal 2000 in poi c'è il web con i relativi dispositivi elettronici che lo supportano. Internet si offre come uno strumento che amplifica le potenzialità della comunicazione. Nella rete è possibile trovare una grandissima quantità di dati –in senso largo del termine e quindi informazioni, approfondimenti, immagini, musica, video, …- inseriti da ogni parte del mondo. Inoltre, è possibile interagire a grande distanza ovunque sia effettuabile la connessione con un provider.

Le modalità di comunicazione possono essere molto varie e, a seconda della tipologia del canale utilizzato, possono rallentare o velocizzare il ritmo delle interazioni, possono basarsi sulle regole del linguaggio scritto o su quelle del linguaggio orale codificando anche simboli nuovi (ex. “emoticons” e “memes”), possono escludere l’accessibilità ad alcune componenti del linguaggio non verbale (prossemica, espressioni del volto, gestualità, tono e intensità della voce, …), possono amplificare il raggio di azione dei contenuti caricati da un destinatario a tutti gli utenti della rete, … Tutte queste potenzialità non hanno di per sé un valore negativo o positivo, ma a seconda dell’uso che se ne fa possono risultare utili o disfunzionali, soprattutto quando s’inseriscono nel processo di sviluppo dell’adolescenza.


Come introdotto prima, nell'adolescenza le competenze cognitive –in particolare quelle inerenti il ragionamento astratto- sono ancora in fase di maturazione, così è possibile che vi siano delle criticità nel riflettere su contenuti e fonti web (White e Horvitz, 2009) o sulle relazioni in rete (Mitchell, Finkelhor e Wolak, 2007). Per esempio, in base ai dati raccolti dall’Associazione ONLUS Prometeo, sette minori su dieci navigano da soli senza alcun controllo da parte di adulti ed il 70% degli “agganci” da parte di pedofili avviene nelle Chat.


In aggiunta a queste criticità, è possibile che vi sia poca consapevolezza nell’anticipare le implicazioni che le proprie azioni possono avere quando l’esperienza interattiva è diversa e, per certi versi, più complessa rispetto a quella dal vivo; così può capitare che i testi pubblicati scivolino verso l'insulto senza pensare a come gli altri potrebbero pensare e sentire leggendolo e, viceversa, è possibile che alcuni contenuti digitali abbiano dei riverberi particolarmente negativi su alcuni ragazzi (Bryce e Fraser, 2014).


Talvolta, inoltre, è difficile per l’adolescente comprendere come sia possibile utilizzare i dispositivi informatici seguendo le norme sociali, che sono state definite prima dell'era digitale e che costituiscono ancora il riferimento culturale degli "adulti". Così capita che i ragazzo durante la cena passi il tempo a chattare sullo smartphone, mentre i genitori si aspettano di poter parlare con lui senza distrazioni perché prediligono le conversazioni vis-à-vis.

Oltre a questi aspetti, è possibile che un uso disfunzionale del web alimenti disagi propri dell’adolescenza. Così il bisogno di sentirsi apprezzato fisicamente si potrebbe esasperare nel confronto con modelli utopistici diffusi in modo capillare (Derenne e Beresin, 2006). Le difficoltà nell’interazione tra pari potrebbe sfociare nel cyber-bullismo o nella stigmatizzazione (Campbell, 2005; Ybarra e Mitchell, 2007). A tal proposito, secondo la ricerca “I ragazzi e il cyber bullismo” realizzata da Ipsos per Save the Children questo fenomeno è il più pericoloso tra le minacce tangibili della nostra era per il 72% dei ragazzi intervistati (percentuale che sale all’85% per i maschi tra i 12 e i 14 anni). Per questa ricerca il cyber bullismo arriva a compromettere il rendimento scolastico nel 38% dei casi.


La passione per l’informatica e le difficoltà nell’interazione dal vivo possono tradursi nell’isolamento del ragazzo. Così si ritrova ad interagire con il mondo sempre più attraverso dispositivi digitali e finisce per abbassare il rendimento scolastico o abbandonare addirittura la frequenza (De Michele et al., 2013). Questo fenomeno è nato in Giappone ed è stato denominato in quella nazione: Hikikomori (lett. “stare in disparte”). Tramite la globalizzazione potenziata dal web 2.0 e la relativa diffusione capillare degli stili di vita in tutto il mondo, anche in Italia è in aumento la diffusione di questo fenomeno. Già nel 2012, durante il 46° Congresso Nazionale, la Società Italiana di Psichiatria registrava che una percentuale compresa tra il 3% e l’11% della popolazione italiana nella fascia di età 15-40 anni utilizzava strumenti digitali per più di 8 ore al giorno.


Di converso, il progresso tecnologico del web si offre anche come potenziale alleato per l’apprendimento scolastico attraverso la costruzione di mappe digitali o la visione di filmati esplicativi, per la comunicazione con amici e parenti a grandi distanze, per approfondire informazioni di ogni tipo, per ridurre i passaggi burocratici in pochi click, per aumentare la scelta negli acquisiti fino a portare "in negozio a casa propria", per ascoltare gratuitamente qualsiasi brano musicale, per guardare liberamente video, per amplificare gli scambi culturali e di idee, … La lista è lunga. Quindi, è necessario capire come utilizzare le risorse del web in modo utile ed efficace.


Come possiamo accompagnare i ragazzi

a usare consapevolmente internet

e NON a farsi usare dagli strumenti digitali?


La psicologia può operare in almeno due direzioni: prevenendo eventuali disagi attraverso laboratori nelle scuole o in altri enti educativi oppure intervenendo con una psicoterapia mirata se la problematica si è già conclamata.


Bibliografia

Bryce J. and Fraser J. (2014), The role of disclosure of personal information in the evaluation of risk and trust in young peoples’ online interactions, Computers in Human Behavior, Vol. 30, pp. 299-306.

Campbell M. A (2005) Cyber bullying: An old problem in a new guise? Australian Journal of Guidance and Counselling, vol. 15, n. 1, pp. 68-76.

De Michele F., Caredda M., Delle Chiaie R, Salviati M., Biondi M. (2013), Hikikomori (ひきこもり): a culture-bound syndrome in the web 2.0 era, Rivista di psichiatria, vol. 48, n. 4, pp. 354-8.

Derenne J. L. e Beresin E. V. (2006), Body Image, Media and Eating Disorders, Academic Psychiatry, vol. 30, n. 3, pp 257-261.

Mitchell K. J., Finkelhor D. e Wolak J. (2007), Online requests for sexual pictures from youth: risk factors and incident characteristics, Journal of Adolescent Health, vol. 41, n. 2, pp. 196-203.

White R. W. e Horvitz E. (2009), Experiences with web search on medical concerns and self diagnosis, American Medical Informatics Association Annual Symposium proceedings, vol. 14, pp. 696-700.

Ybarra M. L. e Mitchell K. J. (2007), Prevalence and frequency of Internet harassment instigation: implications for adolescent health, Journal of Adolescent Health, vol. 41, n. 2, pp. 189-95.

Sitografia

http://www.associazioneprometeo.org/cms/dati-pedofilia-i-numeri-del-male.html

http://images.savethechildren.it/f/Pubblicazioni/in/indaginecyberbullismoipsos.pdf?_ga=1.133766734.1751487430.1423471307

http://www.megliosapere.info/2012/11/hikikomori-dipendenza-da-internet/


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